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mercoledì 27 ottobre 2010

Obbedienza e schiavitù

Oggi non ho pranzato.
No, non preoccupatevi, sto bene, non ho nessun malessere.
Né tantomeno la mia religione mi ha chiesto il digiuno per la giornata odierna.
Forse un idolo, un idolo di carta dai colori sgargianti e smeraldini ha solleticato il mio stoico senso del dovere e mi sono prostrato.
Quest'idolo ha un nome nobilitato dalle moderne lingue ma che tradisce subito la sua etimologia.
Quest'idolo si chiama lavoro.
Lavoro deriva da una parola latina che indica il dolore, la sofferenza e, se non ne siamo convinti a sufficienza, non serve cercare su wikipedia, basta pensare alla sua traduzione in francese "travaille" oppure a come viene definito nei vari dialetti, soprattutto del meridione.
Ma l'idolo è in realtà di cartapesta, vuoto per giunta. Da molteplici fori fuoriescono aromi cangianti, ora dolci ora amari e attraenti psichedeliche luci.
Un demone si aggira al suo interno, prendendosi l'onere di dargli questa illusoria vita e, così facendo, cattura le nostre attenzioni e le nostre energie.
Questo demone è molto antico ed ha molti nomi.
Oggi ne porta uno nuovo di zecca: euro
Usato per anni come innocuo prefisso, oggi precede i nostri sforzi, le nostre giornate di lavoro, promettendosi a noi verso la fine del mese.
Ma un demone non ha padrone, la sua mefistofelica presenza su questo piano di esistenza segue un preciso scopo a noi ignoto.
Rimane nelle nostre mani giusto il tempo per passare nelle nostre tasche, nei nostri conti correnti, nella plastica fluidità dei bit che circolano nei cervelli elettronici.
Poi l'oblio dei debiti, delle spese, delle necessità ... ed ecco che il demone è di nuovo libero, ancora una volta lontano da noi a farci cenno di lavorare per lui.
Nell'attuale crisi, sebbene riusciamo a vedere un po' meglio l'imbroglio perpetrato nei nostri confronti, sebbene riusciamo a sentire ogni goccia di sudore trasformarsi alchemicamente in champagne per una ristretta casta di individui fannulloni quando non nocivi ... malgrado tutto questo ... siamo sempre di più suoi schiavi.
La paura di perdere il lavoro è oggi una verga dolorosissima, in grado di incutere maggiore paura e soggezione che non la frusta del latifondista cotoniere ottocentesco.
Oggi non ho pranzato.
Il mio tempo è passato a guardare un computer. Ho cercato di fargli compiere la copia di un file, lui non mi autorizzava, l'ho spento e lui stizzito mi ha avvisato di un aggiornamento. Dopo novanta minuti è ripartito, ma ha di nuovo imposto la sua volontà celata dietro un fantomatico privilegio a me negato.
Parlerò successivamente dei computer, degli euro, dei nuovi schiavi ...
Ora guardo il sole filtrare attaverso le veneziane fino ad arrivare sul gatto che, infastidito, cerca un nuovo posto per dormire.
Ora penso e mi sento libero!

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