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venerdì 26 novembre 2010

Nebbia

Amo la nebbia.
C'era un tempo in cui essa era solo un modo per definire un raro evento meteorologico in posti lontani. Ero infatti lontano.
L'incontro è stato significativo ... spesso amiamo ammirare i paesaggi da alti punti di osservazione, misurando la nostra vista su lunghe distanze, confrontandoci con l'immensità del creato. Ma con la nebbia tutto ciò è precluso, per definizione. Non c'è ancora il silenzio della neve, eppure ... la sua natura è eterea, tuttavia condensa sulle foglie che ancora resistono sugli alberi e, che spettacolo, precipita, come pioggia appena accennata. Poi i rami, i lampioni, i segnali stradali iniziano a stillare.
Al sicuro, dietro il vetro della mia stanza, vedo diffonndersi l'arancione del lampione, poi allontanarsi, quasi rapito, inghiottito.
Lo sguardo, ora impotente, si flette. Ora guardo dentro.
Sento l'umidità affaticare il respiro, come immerso in un piccolo stagno navigo in acque basse, lentamente. La torbida acqua forse nasconde un abisso, ma temo di finirci dentro.
Avessi il coraggio di immergermi ...
Avessi la forza di attraversarlo ...

mercoledì 17 novembre 2010

Pensieri all'alba

La tremula fiamma della candela proietta languide ombre sulle bianche pareti. Come deboli spettri le vedo danzare. I vecchi mobili, lasciatimi dal padrone di casa, riversano i loro acciacchi sul palcoscenico delle emozioni e rilasciano striduli scricchiolii e cupi tonfi asincroni.
Vagano i miei pensieri sugli incerti sentieri così tratteggiati.
Ma questo meriggio è da attraversare.
Non è il tramonto che scorgo all'orizzonte, ma un lontano albeggiare!
Basta alzare lo sguardo, senza timori, ed ecco che le nebulose atmosfere di prima vengono illuminate da una nuova speranza.
Non posso né voglio abbandonarmi a declinanti ragionamenti che hanno l'unico risultato di farmi ripiegare. Ma non sono neanche ad affermare il semplicistico "pensiero positivo", vuoto e fiaccante tentativo di negare i problemi a vantaggio di una fuggevole gioia, appagamento temporaneo di desideri contingenti.
E' invece la ricerca della felicità che mi spinge a guardare oltre, oltre i prossimi confini della mia camera, oltre le paure del mio stomaco, fino ad arrivare ai sussurri che qualcuno consegna al mio cuore trepido e fiducioso al contempo.

martedì 16 novembre 2010

la Picciònatra

Ho appena finito di leggere un delizioso libro: "La picciònatra" di Marco Dore.
Il diario postumo di un genitore di bambini alle prese con la scuola primaria mi ha aperto le porte su un mondo che, non avendo figli, ignoravo.
Essendo la mia personale conoscenza della scuola dell'obbligo (si chiama ancora così?) ristretta solo alla memoria, mi sono accorto di aver  cristallizzato il ricordo della scuola elementare laddove, in realtà, tante cose sono cambiate dagli anni della mia frequentazione.
Chissà se vale ancora quanto Tomasi di Lampedusa afferma nel Gattopardo in ordine al cambiamento che nasconde l'immobilismo cronico di un camaleontico sistema che, nel tentativo di autoproteggersi, cambia nome per sfuggire ad ogni controllo.
Mi viene in mente il ritornello di "Ruby Tuesday" dei Rolling Stones ... ma non divaghiamo.
La picciònatra, dopo aver spiegato ai non addetti ai lavori i neologismi introdotti nelle scuole per definire luoghi e ruoli, ripercorre in maniera non esaustiva ma precisa nei contorni e significativa negli esempi lo stupore che coglie un genitore nei primi (ma anche nei successivi) passi scolastici dei propri figli.
Il Dore effettua una selezione di ricordi e, per poter essere oggettivo, cita casi eclatanti di disorganizzazione e di diseducazione (nel senso di errata trasmissione delle conoscenze) ma riporta anche pareri positivi su altri episodi dove invece professionalità e buonsenso emergono, anche nella scuola.
Tra le materie di insegnamento che hanno suscitato maggiore interesse (e sconforto) nell'autore spicca la matematica. Questo non ci deve meravigliare, chi di noi non ricorda le difficoltà incontrate nelle tabelline o nelle divisioni a due cifre, la prova del nove ... ricordi che si mescolano al mito!
Ma anche geografia, italiano, lingue straniere ... un po' tutte le materie non possono passare inosservate ai genitori attenti all'educazione dei propri piccini.
Oggi tutto è cambiato, nuovi metodi di insegnamento incontrano ancor più nuove difficoltà di apprendimento e questo scontro presta il fianco agli affondi di chi, dopo aver sudato le proprie conoscenze, si confronta con il nuovo corso didattico nel ruolo di genitore.
Emergono alcuni interrogativi:
- il nuovo modo di porre il rapporto alunno-maestro/a risponde alle istanze attuali di richiesta formativa dei bambini/adolescenti/ragazzi/genitori?
- i bambini/adolescenti/ragazzi/genitori come reagiscono di fronte ai nuovi metodi adottati dai maestri/e?
- lo scopo della scuola di oggi è l'insegnamento?
L'ultimo interrogativo è particolarmente scottante, soprattutto se esaminiamo con attenzione i ragazzi, il loro mondo, i loro comportamenti, la loro quotidianità ed i fatti di cronaca che li riguardano.
E' possibile fare un confronto tra le generazioni passate e quelle future?
E noi? Che ruolo giochiamo in questa partita?
Siamo genitori speranzosi o professionisti? Maestri coscenziosi o irresponsabili, interessati più al proprio privilegio e stipendio che alla formazione delle nuove generazioni?
L'ultimo capitolo cerca di tratteggiare il maestro del futuro sull'esperienza di quello del passato, perché l'avanzamento della civiltà procede dalle esperienze fatte da chi ci ha preceduto.
Detta in altri termini è questa l'ermeneutica della continuità, tanto cara a papa Ratzinger.
Ma questa è un'altra storia!

lunedì 8 novembre 2010

Informazione e conoscenza

A quest'ora del pomeriggio grandi nuvole si muovono in cielo, lente come transatlantici di fine ottocento, così da trasformare il cielo in un grande affollato porto orientale dove la mescolanza di lingue e popoli è all'ordine del giorno.
Anche le ingiallite criniere degli alberi, un tempo rifugio dalla calura per gli uomini e albergo per gli uccelli, rendono omaggio al vento di scirocco, ma stancamente. Le sferzate che qualche giorno fa il maestrale ha inflitto ai rami più deboli sono solo un ricordo ancora visibile negli estesi tappeti di foglie distesi sui marciapiedi.
In questo clima di silenzio posso riflettere su tutto quanto mi accade intorno e che prontamente mi viene offerto dalla troppo presente televisione.
Già, pensare è di questi tempi un vero lusso che pochi si possono permettere, di certo solo occasionalmente mi posso annoverare tra coloro che cedono a questo particolare vizio.
Ai tempi della scuola, ma soprattutto dell'università, pensare era invece attività primaria, anche se incanalata nei solchi delle materie scolastiche che permettevano ben poco tempo per battere nuovi sentieri. Tuttavia, l'approccio scolastico a problemi scolastici era funzionale ad un metodo. Un metodo da apprendere nelle esercitazioni studiate e somministrate da infinite generazioni di docenti, metodo che si sarebbe rivelato utile nella vita da adulto.
Possiedo un vivo ricordo degli studi universitari, tesi a penetrare i più profondi misteri di formule e teoremi per raggiungere le alte vette delle intuizioni di coloro che mi avevano preceduto. Mi illudevo di poter contribuire alla scalata di montagne ancor più alte, una volta terminati gli studi. Ma già a quei tempi i professori avevano l'ingrato compito di presentare l'ingrata realtà in occasione degli "esami". Forse le sedute di esame erano davvero profetiche, ma da giovani si vive nelle continue e cangianti utopie.
Così ogni anno ci veniva presentata qualche novità che dovevamo provare, accettare, fare nostra. La tecnica avrebbe migliorato la nostra vita.
Oggi il disincanto lascia il posto al riconoscimento dell'illusione.
Eppure era tutto già così chiaro ... come ho fatto a non accorgermi di nulla!?!?
Informatica: informazione automatica. Nomen omen.
L'informazione è di per sè vuota ed inutile, pura trascrizione della realtà, fantoccio senz'anima.
Se poi diventa automatica, è come una serie di parole utile più alla statistica che alla riflessione.
E' quello che succede oggi. Ogni mezzo di comunicazione mi istruisce sul fatto, mi offre anche i diversi punti di vista, mi presenta la tesi e l'(apparente) antitesi, mi impone la sintesi.
La continua serie di informazioni, le "novità", mi vengono presentate ad un ritmo tale che non ho possibilità di pensare.
Accetto le verità parziali (pura contraddizione in termini), le versioni condivise, le irregolarità diffuse.
E' strano. Con tutte le informazioni di cui posso disporre non riesco a trarre una sola verità.
Per trovare una Verità del spostarmi sul piano metafisico. Ma qui rischio di perdermi i compagni di viaggio.
Posso permettermi di dire che conoscere è fare esperienza?
Posso permettermi di dire che conoscere è mangiare insieme, trascorrere del tempo, stringere le mani e forse anche i pugni. Conoscere è amare.
Tutto il contrario dell'informazione, una sterile donna, compagna occasionale di un brevissimo viaggio, valida da una edizione del tg alla successiva.
E che dire della sapienza?

venerdì 5 novembre 2010

Acqua alta

Dopo aride, assolate estati, quando profeti di sventure delineavano futuri desertici, eccoci a fronteggiare migliaia di metri cubi di ecqua e fango sversati su strade e case.
Quanto piccola è la nostra percezione della natura, ah quanto grande è il nostro desiderio di dominarla ...
Non voglio certo dire che qualcuno abbia mai avuto la balzana idea di mettere in conto di comandare gli eventi atmosferici, no, non voglio dire mica questo. Sarei uno sciocco a pensare questo.
Sicuramente l'approccio al mondo che ci circonda segue un itinerario semplificato, fondato più sull'aderenza ai nostri piccoli schemi che su una sensata indagine analitica prima e sintetica poi del globo terracqueo.
Ma, diciamocela tutta, quante volte adottiamo anche noi questo metodo, così comodo.
Assumiamo un set limitato di regole, con queste formiamo un piccolo setaccio e facciamo passare tutto attraverso. Spesso forziamo gli eventi a passare attraverso il nostro piccolo oblò, altre volte ci guardiamo attraverso. In ogni caso tutto è filtrato da una prospettiva parziale, limitata e, soprattutto, limitante.
Ritengo che questo fenomeno, assimilabile ad una tentazione, non è inversamente proporzionale al grado di conoscenza dell'individuo. Cerco di spiegarmi. Sono disposto ad accettare che l'ignorante guardi al mondo con atteggiamento di meraviglia (penso alle religioni ancestrali che divinizzano le manifestazioni naturali) ma sono convinto che, crescendo il complesso di formule e regole assimilate, l'uomo "civilizzato" tenda ad estendere queste a tutti gli eventi che lo interessano (direttamente o indirettamente) meccanizzando.
L'imprevedibile, il rischio, il caos fanno paura? Facciamo finta che non esistano ... ed il gioco è fatto. Se poi qualcosa va male nelle nostre previsioni, siamo lesti a cercare l'evento che non abbiamo considerato perché nascosto o, peggio, corriamo a rifugiarci nella onnipresente "sfortuna".
Ma, intendiamoci, grazie al cielo non esistono solo uomini civilizzati, ne esistono anche di colti. E' su questi le semplificazioni non attecchiscono!
C'è un unico rammarico, che la cultura ha smesso di essere attraente. Ma questo per l'uomo comune ...

mercoledì 3 novembre 2010

Disastri a palazzo

Nell'aprire il blog mi ero imposto di evitare di perdere tempo a parlare di politica, perlomeno in questo spazio virtuale.
Ma le ultime notizie sul nostro attuale premier sono a dir poco sconcertanti.
Non gli è bastato prendere a pesci in faccia gli italiani affossati dalla crisi vantandosi di avere 22 case, non gli è bastato essere scoperto ad andare con escort, non gli è bastato telefonare in procura per far liberare una prostituta minorenne, ieri si è nuovamente vantato.
Forse molti italiani emulano le sue gesta, forse molti si illudono di passare ore liete in svariati modi, ma un uomo di stato non può.
Come è possibile che una prostituta abbia il numero del cellulare privato del presidente del consiglio, che lo possa chiamare di notte e che lui risponda e si prenda la briga di chiamare in procura per farla scarcerare (passatemi il termine non proprio giuridico).
Secondo voi se oggi il premier chiamasse Putin o Gheddafi, questi risponderebbero?
Chi mai lo farebbe?
E, soprattutto, chi mai darebbe il proprio numero personale ad una persona che lascia il suo in mano a donnine in combutta con la microcriminalità? Quanti e chi, oggi, hanno il numero del premier?
Berlusconi ha compiuto le peggiori azioni che come unico risultato hanno quello di mettere in forse un intero esecutivo che, incredibilmente, era riuscito a fare qualcosa impedendo al paese di affondare del tutto.
Il governo Berlusconi non è Berlusconi. Forse dovrebbe, adesso, compiere l'unico gesto degno di un uomo e lasciare il potere.
Lui potrebbbe nascondersi in una delle sue 22 case, magari nel paradiso esotico che mai darebbe il consenso all'estradizione.
Noi abbiamo bisogno di un capo di governo, non di un impresario da circo!
Se Berlusconi era riuscito a screditare Fini, grazie soprattutto all'operato di certa stampa, oggi tutto il vantaggio è perso e si è consegnato nelle mani dell'unica casta nemica che di certo non si tirerà indietro nel affondo finale. La magistratura, in questo caso, sarà inflessibile, come è giusto che sia sempre, contro chiunque sbagli e soprattutto contro chi reca danno alla comunità intera.
Alla fine cosa dire?
Sicuramente Berlusconi è il figlio della nostra società malata, ha riempito l'etere di donnine così come il suo letto, si rivolge al paese come agli amici del bar raccontando barzellette e battute di basso livello. Sicuramente non è lui la causa, ma è di certo il degno rappresentante dell'italiano medio.
Ma noi abbiamo bisogno, oggi più che mai, di grandi uomini, di grandi italiani!

martedì 2 novembre 2010

Autunno

Con il cambio dell’ora legale, di certo si sarà guadagnata molta luce al mattino, ma sono molteplici le emozioni che scaturiscono dal rimanere sulla propria scrivania mentre fuori l’oscurità ricopre con il suo manto lo squarcio di mondo che la mia finestra mi consente di apprezzare.
Gli accecanti riflessi del sole sui vetri dei quadri appesi sulla parete a nord sono ormai solo un pallido ricordo, l’esuberanza della luce cede il passo al grigiore autunnale che prelude all’incipiente invernale oscurità.
E’ davvero tempo di ripensamento l’autunno. L’avere di fronte i rigidi e cupi mesi invernali spingono a girarci indietro per ricordare i gioiosi e caldi mesi estivi, vuoti eppur carichi di fantastiche speranze di viaggi e vacanze.
Quante di queste fantasie sono state realizzate? Quali terre hanno i nostri piedi assaporato? Quali passi sono stati compiuti? Verso cosa o verso chi? Lontano da cosa o lontano da chi?
Ora che i brumosi pomeriggi festeggiano senza alcun ritegno il loro successo sui passati giorni, è impossibile non esaminarsi accuratamente.
Lo specchio restituisce uno sguardo nuovo.
Stamattina mi sono fermato, mi sono scrutato. Linguaggi diversi esprimono in maniera confusa i molteplici stati d’animo che si affacciano inediti sul mio volto.
Cosa mi sta succedendo? Quale nuova mutazione conosce la mia anima?
La nebbia ha superato il fragile ostacolo delle finestre, ha già guadagnato le mie stanze e …
La sento invadere il mio corpo e lotto perché non superi i limiti della mia anima.
Cerco il sole.

lunedì 1 novembre 2010

Canto Gregoriano 2

Sabato scorso, 30 ottobre 2010, il coro formato dagli studenti del prof. Albarosa ha cantato una intera messa dal Graduale Triplex nella chiesa dell'Annunziata in Bologna.
So che ho già avvisato di questo evento, tuttavia desidero tornarci per raccontare come si sono svolte le cose.
Prima della messa, a prove fatte, tutti noi eravamo tranquilli riguardo all'esecuzione, ma il tempo concessoci per il raccoglimento è stato davvero provvidenziale.
Il canto gregoriano non è solo esecuzione perfetta ed intonata di musica e parole. E' davvero molto di più.
E, ad iniziare dall'introito, fino ad arrivare al canto finale, la stessa celebrazione sembrava entrare in una dimensione nuova. Il tempo, troppo spesso padrone dei nostri gesti, si è dilatato. Il ritmo, troppo spesso padrone dei nostri canti, ha perso il suo potere.
Tutti i presenti e noi stessi cantori siamo entrati in una dimensione diversa, nell'autentica preghiera, nell'ottavo giorno.
Certo, le nostre acerbe voci non sono ancora in grado di raggiungere le sublimi vette dei cori dei monaci nei loro monasteri e di certo non lo saranno mai ... tuttavia c'era il giusto raccoglimento, il giusto spirito ... insomma il Signore ci ha donato una santa Messa, nella gioia che solo Lui può dare.
Mi sento di ringraziare sinceramente il prof. Albarosa per la pazienza che dimostra nei nostri confronti nel condurci, piano piano, dentro il vero canto gregoriano, preghiera cantata, parola di Dio in canto.